In alcuni casi i giudici hanno chiarito che i Comuni non possono pretendere gli stessi importi da chi vi risiede tutto l’anno e chi solo saltuariamente. Ecco cosa dice la giurisprudenza e quanto vale lo “sconto”.
Chi ha un immobile che utilizza solo durante le vacanze deve versare al Comune la tassa sui rifiuti e, spesso, un cittadino che utilizza uno o due mesi all’anno la casa in cui non risulta residente paga un tributo comunale alla pari di chi abita in quel Comune tutto l’anno. Diverse commissioni tributarie si sono pronunciate sul tema stabilendo che la Tari sulla seconda casa per un non residente abbia un trattamento più favorevole rispetto a quella, diciamo così, “standard”.
I trattamenti dovrebbero essere diversi per chi ha dato la seconda casa in locazione e per chi la tiene vuota quasi tutto l’anno esempio per andare solo mare ad agosto o in montagna. Per il proprietario di immobile di seconda casa data in locazione per un periodo superiore sei mesi all’anno non pagherà direttamente la Tari ma sarà il conduttore a versare il tributo al Comune. In caso di locazione per meno di sei mesi all’anno invece sarà il proprietario a pagare la tassa sui rifiuti; nulla vieta al locatore, comunque, di caricare quel costo sul canone di locazione, pratica, tra l’altro, piuttosto, diffusa.
Altro caso molto frequente è quello di chi ha una seconda casa che utilizza solo per qualche periodo durante l’anno, per le vacanze estive o invernali sicuramente con le utenze attive, cioè luce, acqua e gas.
Nell’ipotesi in cui il proprietario abbia la seconda casa nello stesso comune dove ha l’abitazione principale deve pagare la Tari con le stesse quote (quella fissa e quella variabile) stabilite dal Comune per la tassa sui rifiuti dell’abitazione principale, per entrambe le case si versa lo stesso tributo.
Se, invece, l’immobile si trova in un altro Comune, il proprietario dovrà sottostare alle quote stabilite in quel municipio anche se avrà diritto a un trattamento diverso rispetto a chi è residente in quel Comune.
LE SECONDE CASE INUTILIZZATE
Altra ipotesi riguarda la seconda casa inutilizzata e che, quindi, rimane disabitata durante tutto l’anno. Si fa il caso di un immobile che ha bisogno di ristrutturazione ad esempio. In questi casi la Tari sulla seconda casa non va pagata se la casa è vuota (cioè senza arredi che facciano supporre un suo utilizzo saltuario), e se non ci sono le utenze, quindi l’immobile non è allacciato alla corrente elettrica, al gas e alla rete idrica. Devono coesistere queste due condizioni contemporaneamente per non pagare la Tari, se solo ne manca una il proprietario sarà tenuto a versare al Comune la tassa sui rifiuti. Per beneficiare dell’esenzione, infatti, occorre dimostrare non solo che la seconda casa è inutilizzata ma anche che non c’è la possibilità concreta di abitarci nemmeno per qualche giorno e, quindi, di produrre rifiuti.
COME SI CALCOLA LA TASSA
La giurisprudenza ha dato nel tempo diversi pareri. In primis, la Cassazione, secondo cui la Tari sulla seconda casa va pagata dal non residente secondo la determinazione della quota variabile della Tia, la tariffa di igiene ambientale che segue la stessa disciplina applicata alla Tari. In sostanza, la quota per le seconde case si deve calcolare – secondo la suprema corte – in base a questa logica proporzionale: più ampia è la superficie, maggiore è il numero di persone che si presume occupino l’immobile. Spetta, poi, al contribuente fornire gli elementi di prova idonei a dimostrare l’infondatezza di tale presunzione. Diverso è il parere della commissione tributaria di Massa Carrara, secondo cui il calcolo della tassa sui rifiuti per un proprietario non residente va fatto in base alla quantità di spazzatura prodotta.
LA DECISIONE DELLA TOSCANA E IL CONSIGLIO DI STATO
Il ragionamento è: meno tempo si occupa l’immobile, meno immondizia viene prodotta e, pertanto, inquinando di meno merita uno sconto sulla Tari (che la Commissione stima al 30%). Il cittadino, però, sarà tenuto a dimostrare che utilizza la casa solo per brevi periodi di tempo. Può, ad esempio, mostrare le bollette delle utenze, facendo vedere che in alcuni periodi dell’anno i contatori sono fermi. Tuttavia, il Comune si riserva la facoltà di verificare anche con un sopralluogo che effettivamente l’immobile venga occupato soltanto in determinati periodi e non stabilmente. Si è allineata recentemente a questo orientamento la Commissione tributaria della Toscana: i Comuni – si legge in una sentenza – non possono penalizzare chi ha una seconda casa e non è residente rispetto a chi abita tutto l’anno in quel territorio, con tariffe elevate slegate dalla reale produzione dei rifiuti. Per la Commissione, dunque, non è legittimo il regolamento comunale che non rispetta il principio di proporzionalità.
Secondo al Commissione Tributaria, che ha accolto il ricorso di un contribuente che considerava “eccessiva” la Tari richiesta su una abitazione usata solo per le vacanze, il Comune non può applicare in maniera indiscriminata la stessa imposta a chi è residente e a chi non lo è. Questo in base anche al principio espresso dalla direttiva UE n.2008/98/CE per cui “chi inquina paga”. In giurisprudenza tributaria si leggono alcune recenti pronunce che hanno riconosciuto ai proprietari di immobili adibiti a “seconda casa”, il diritto alla riduzione dell’importo da versare a titolo di Tari.
Il Consiglio di Stato ha sancito che fosse logico supporre che colui che abita con continuità nel territorio Comunale ha una capacità produttiva di rifiuti maggiore di colui che, a parità di bene immobile, vi risiede solo in modo saltuario o stagionale. Anche in applicazione della norma espressa nella direttiva UE n.2008/98/CE che sintetizzata nel principio “chi inquina paga”, la riduzione-sconto sul pagamento della tassa dei rifiuti sembra essere una soluzione perseguibile anche di indubbia perequazione. Il presupposto che secondo la giustizia tributaria legittima lo sconto sulla tassa è l’utilizzo meramente stagionale e, dunque, per pochi giorni l’anno, dell’immobile. I giudici tributari hanno specificato che i Comuni, nello stabilire l’entità della Tari, debbono prendere in considerazione vari aspetti, tra cui la potenziale produzione dei rifiuti, in relazione al tipo di uso dell’immobile, ma anche della quantità di rifiuti conferiti al servizio. Le sentenze che, sino a ora, hanno affrontato questa tematica hanno quantificato nel 30% lo sconto applicabile alla tassa sui rifiuti.
Si evidenzia che l’onere della prova circa l’utilizzo stagionale incombe sul contribuente, il quale dovrà fornire specifica prova, ad esempio, attraverso la produzione delle bollette di energia e gas “senza consumo” anche di anni precedenti, attestante il mancato utilizzo dell’immobile.
di Francesca Bonanata, commercialista
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