Condizionatori, tapparelle, tende e verande sono tema di liti condominiali da sempre. Ma la facciata e il suo decoro sono un bene comune che va preservato, come stabilito dalle norme e dai giudici. E i singoli condomini hanno poco margine per aggirarlo.
Parlare di estetica e di decoro architettonico è molto complesso soprattutto in ambito condominiale, argomento che è sempre causa di attriti tra i condomini. La diversa interpretazione che ne viene fatta porta spesso i proprietari di immobili condominiali a rivolgersi al tribunale per redimere le controversie, con conseguenti grandi esborsi di denaro per pagare gli avvocati e le spese giudiziarie.
Cerchiamo di fare un minimo di chiarezza senza entrare troppo in una disquisizione giuridica dei due concetti e cercando di portare un nostro contributo, seppur minimo, per ridurre i litigi condominiali che da questi possono derivare. Non pochi sono i casi concreti che abbiamo dovuto affrontare nel corso degli anni per risolvere le controversie tra condomini a seguito di interventi effettuati da singoli proprietari sulle parti a loro uso esclusivo. Interventi di vario genere che vanno dal posizionamento in facciata di condizionatori, all’installazione di tende difformi dalle altre o di cancelletti alle finestre, di tapparelle di colori diversi dalle altre, fino alla trasformazione di un balcone o di un terrazzo in una stanza.
Per prima cosa cerchiamo di dare una definizione ai due concetti di cui stiamo parlando. In una nota sentenza della Corte di Cassazione il decoro architettonico “risulta dall’insieme delle linee e dei motivi architettonici ed ornamentali che costituiscono le note uniformi dominanti ed imprimono alle varie parti dell’edificio […] una determinata fisionomia […] e una dignità più o meno pregiata […]” dell’immobile.
Mentre l’estetica di un fabbricato, in un’altra sentenza della suprema corte, è data “dall’insieme delle linee e delle strutture che connotano lo stabile stesso e gli imprimono una determinata armonica fisionomia ed una specifica identità”.
I due concetti sopra riportati sono applicabili a ogni categoria di fabbricato condominiale, sia per immobili di pregio situati in un centro storico, sia per immobili di periferia.
Il decoro architettonico è in ogni caso un bene comune e attiene a quanto è visibile dall’esterno del fabbricato. Esso riguarda le sue linee essenziali e comunque non è correlato alla sua sola estetica, ma differisce dall’aspetto architettonico, citato nel codice civile, che tiene conto dello “stile di un fabbricato, della sua fisionomia e delle linee impresse dal progettista” (come riportato nella sentenza della Corte di Cassazione n. 22156/2018). I limiti al decoro architettonico e all’estetica di un fabbricato, come sempre, sono dati in prima istanza dal regolamento condominiale contrattuale, che può essere più o meno rigoroso al riguardo.
L’amministratore di condominio deve in primo luogo cercare di risolvere il problema mediando tra le parti, sulla base di quanto dispone il regolamento di condominio e il buonsenso, evitando di ricorrere alle aule di un tribunale. È da tener presente comunque che ognuno degli esempi sopra riportati comporta problematiche differenti, dalla semplice modifica dell’estetica o del decoro architettonico della facciata fino ai casi più significativi che rappresentano dei veri e propri abusi edilizi (quali l’aumento di cubatura a seguito di chiusure di terrazzi o balconi) che costituiscono tutt’altra storia. Inoltre, in quanto bene comune, nei casi di mancato intervento del condominio, anche il singolo condomino è legittimato a ricorrere in giudizio a tutela del bene comune.
Le modifiche al decoro e all’estetica possono in ogni caso essere apportate, ma solo con apposita delibera dell’assemblea condominiale e con le maggioranze richieste a seconda del caso specifico. Non è possibile invece apportare modifiche con iniziative autonome del singolo condomino.
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di Mariolina Servino Art Director
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