I condomini sono sempre più preoccupati per la loro sicurezza, per questo cercano soluzioni adeguate per proteggere le aree private e condominiali al fine di prevenire incidenti o atti vandalici.
L’installazione di telecamere di sorveglianza può essere un’opzione efficace, ma è fondamentale rispettare i diritti degli altri residenti – in primis, il rispetto della privacy – e valutare attentamente le linee guida specifiche per ogni situazione.
Il caso più frequente è quello del singolo condomino che decida di installare un sistema di videosorveglianza al fine di prevenire incidenti o effrazioni. Questo non trova ostacoli di sorta, purché non sia prevista una diffusione e/o comunicazione sistematica di tali riprese. Quel che si richiede è soltanto che le suddette telecamere siano situate in modo da riprendere esclusivamente lo spazio privato e non le aree comuni, al fine di evitare il configurarsi del reato di interferenze nella vita privata ai sensi dell’art. 615bis c.p..
Diverso è il caso in cui il condomino si attivi per installare un sistema di videosorveglianza nelle aree comuni. Difatti, in tali casi – oltre che attenersi al rispetto della normativa privacy dettata dal Garante, prevedendo adeguate misure di sicurezza in merito ai dati raccolti – è obbligatorio segnalare il sistema con appositi cartelli, conservare le relative registrazioni esclusivamente per un breve periodo (diversamente è necessaria un’autorizzazione preliminare del Garante) ed evitare di riprendere aree e o attività non pertinenti.
Peraltro la riforma del condominio di qualche anno fa ha affrontato la questione del quorum necessario per l’installazione di un sistema di videosorveglianza condominiale. In particolare ai sensi dell’art. 1122ter – “le deliberazioni concernenti l’installazione sulle parti comuni dell’edificio di impianti volti a consentire la videosorveglianza su di esse sono approvate dall’assemblea con la maggioranza di cui al secondo comma dell’articolo 1136”, ossia: l’assemblea condominiale può deliberare validamente sull’installazione di un sistema di videosorveglianza nelle parti comuni solo con un numero di voti che rappresenti la maggioranza degli intervenuti e almeno la metà del valore dell’edificio (v. Corte Suprema di Cassazione, sez. II, Civile, Ordinanza n. 14969 dell’11 maggio 2022)
Sul punto, giova ricordare l’ordinanza del n. 1273/2011, con la quale il tribunale di Varese ha obbligato un condomino a rimuovere l’impianto di videosorveglianza a controllo di spazi comuni condominiali (nonostante la necessità di garantire la propria sicurezza a seguito di numerosi furti), in considerazione del fatto – come si evince dalla pronuncia – “il condomino non ha alcun potere di installare, per sua sola decisione, delle telecamere in ambito condominiale, idonee a riprendere spazi comuni o addirittura spazi esclusivi degli altri condomini”.
Il motivo di tale divieto è (anche) da scorgersi in una serie di criticità che le videoriprese “private” del condomino potrebbero potenzialmente far emergere, quali: le modalità di utilizzo – una volta acquisite – da parte del singolo proprietario di tali videoriprese e le garanzie e/o limiti rispetto a soggetti più vulnerabili come minori e incapaci.
Peraltro, analogo ragionamento può realizzarsi anche nel caso in cui la richiesta provenga dal condominio stesso, in quanto quest’ultimo non ha potestà e autonomia normativa per assumere una simile decisione, eccezion fatta nel caso in cui sussista una delibera adottata dalla maggioranza dai condomini, “che configurerebbe un comune consenso idoneo a fondare effetti tipici di un negozio dispositivo dei diritti coinvolti”.
Ed invero, “il condominio è un luogo di incontri e di vite in cui i singoli condomini non possono giammai sopportare, senza il loro consenso, una ingerenza nella loro riservatezza seppur per il fine di sicurezza di chi video-riprende. Né l’assemblea può sottoporre un condomino ad una rinuncia a spazi di riservatezza solo perché abitante del comune immobile, non avendo il condominio alcuna potestà limitativa dei diritti inviolabili della persona”.
Il fine è chiaramente quello di salvaguardare i diritti fondamentali presidiati dalla Costituzione e dalla Convenzione Europea dei diritti dell’Uomo e, in particolare, quello sancito all’art. 14 della Costituzione che tutela il domicilio sotto una duplice veste: quale potere di rifiutare qualsivoglia interferenza altrui nei luoghi in cui si esplica la vita intima del singolo e come diritto alla riservatezza di quanto avviene in detti luoghi.
Nel caso che noi interessa, “il limite costituzionale del rispetto dell’inviolabilità del domicilio ai sensi dell’art. 14 della Costituzione viene in rilievo precipuamente sotto l’aspetto – non tanto (o non solo) come difesa rispetto ad una intrusione di tipo fisico – quanto piuttosto come presidio di un’intangibile sfera di riservatezza, che può essere lesa attraverso l’uso di strumenti tecnici e anche senza la necessità di un’intrusione fisica” (v. Trib. di Catania, sentenza n. 466/2018)
È chiaro, pertanto, che l’installazione delle telecamere in condominio per garantire la sicurezza è un argomento complesso che richiede una considerazione attiva dei diritti e delle relative normative. È fondamentale acquisire il consenso dei condomini e limitare l’area di sorveglianza per preservare il sottile equilibrio fra sicurezza e il rispetto della privacy.
di Marco De Santis, Avvocato
marco.desantis93@hotmail.it