Il 24 luglio 2024, il Senato ha approvato in via definitiva la conversione in legge, con modifiche, del decreto legge n. 69/2024, il cosiddetto “salva casa”. Chiariamo subito che questo decreto non è un “condono”, ma inserisce delle modifiche al testo unico edlizia (ex dpr 380/2001) il quale, come declinato al suo art. 1, “contiene i principi fondamentali e generali e le disposizioni per la disciplina dell’attività edilizia.”.
Il decreto in questione ha avuto un’alta attenzione mediatica, in quanto l’intento era di cercare di esemplificare alcune procedure che riguardano difformità presenti all’interno delle singole unità immobiliari o per l’intero edificio di cui fanno parte.
La ventilata ipotesi che si potessero “sanare” ampliamenti, tipo verande sui balconi e soppalchi in maniera automatica, laddove essi venivano utilizzati come spazi in continuità a quelli abitabili originari, ovvero con usi tipici degli ambienti dedicati alla vivibilità continuativa del proprio appartamento, ebbene tale possibilità è irta di diversi passaggi amministrativi che non possono essere affrontati dal singolo cittadino che dà lettura al decreto in questione. La risoluzione delle difformità va affidata ad un tecnico abilitato che ha padronanza dell’argomento e che ha approfondita conoscenza dei vari dispositivi legislativi che regolano la disciplina edilizia.
Messaggi esemplificati sul tema, che provengono sovente dal web, sono dannosi e possono indurre in false speranze sull’allineamento delle difformità che le proprietà immobiliari necessitano oggi, in forma più stringente, per potere praticare la ristrutturazione del proprio immobile o la sua vendita.
Di fatto, dando lettura al testo unico edilizia, all’art. 9-bis, viene introdotto il concetto di “stato legittimo” dell’immobile, ovvero esso è legittimo sotto il profilo edilizio, urbanistico e catastale, se è conforme in tutti i suoi elementi costruttivi e distributivi, al titolo edilizio (concessione, licenza edilizia, condono, dia,. scia), che ha reso possibile la sua realizzazione. Eventuali difformità dai suddetti titoli, vanno sanate, salvo ricadere nella difficoltà a vendere o manutenere semplicemente il proprio immobile.
L’art. 49 del testo unico edilizia, dispone quanto segue: “Fatte salve le sanzioni di cui al presente titolo, gli interventi abusivi realizzati in assenza di titolo o in contrasto con lo stesso, ovvero sulla base di un titolo successivamente annullato, non beneficiano delle agevolazioni fiscali previste dalle norme vigenti, né di contributi o altre provvidenze dello Stato o di enti pubblici. Il contrasto deve riguardare violazioni di altezza, distacchi, cubatura o superficie coperta che eccedano per singola unità immobiliare il due per cento delle misure prescritte, ovvero il mancato rispetto delle destinazioni e degli allineamenti indicati nel programma di fabbricazione, nel piano regolatore generale e nei piani particolareggiati di esecuzione”.
Qui, ovviamente, il decreto allude a difformità pesanti che interessano l’immobile nella sua consistenza, tuttavia l’Agenzia delle Entrate ha poi chiarito: “La realizzazione di opere edilizie non rientranti nella corretta categoria di intervento per le quali sarebbe stato necessario un titolo abilitativo diverso da quello in possesso quali, ad esempio, opere soggette a concessione edilizia erroneamente considerate in una denuncia d’inizio di attività ma, tuttavia, conformi agli strumenti urbanistici ed ai regolamenti edilizi. Questo caso non può essere considerato motivo di decadenza dai benefici fiscali, purché il richiedente metta in atto il procedimento di sanatoria previsto dalle normative vigenti, […] la realizzazione di opere difformi dal titolo abilitativo ed in contrasto con gli strumenti urbanistici ed i regolamenti edilizi. Questo caso comporta la decadenza dai benefici fiscali in quanto si tratta di opere non sanabili ai sensi della vigente normativa”.
Anche qui la lettura diventa complicata, tuttavia, in parole povere, se si vuole fare delle manutenzioni che richiedono titolo edilizio all’interno della propria unità immobiliare, tale che ne venga consentita la detrazione fiscale della spesa, va prima verificato il suo stato legittimo. Se l’immobile è difforme, va fatta la sanatoria che può essere svolta con diversi strumenti, a seconda se si tratta di opere interne o di rilevanza esterna lieve, quale posizione o ampiezza diversa di una finestra. Ma qui non c’era bisogno del decreto “salva casa”, già si poteva fare prima con gli strumenti ordinari del testo unico edilizia originario, le cui procedure erano già state standardizzate dagli uffici comunali con i prontuari e le modulistiche da essi pubblicati.
La cosa si complica quando si parla di difformità più importanti di rilevanza esterna o di “tolleranze costruttive”, ovvero le percentuali entro le quali la difformità si è verificata, pertanto in questo caso è necessario che il professionista incaricato sia molto esperto, tale da superare i vali ostacoli procedurali non incorrendo lui stesso in false dichiarazioni con sanzioni penali a suo carico.
In conclusione, non si può parlare dei contenuti del decreto salva casa. Semplificare o trarre delle conclusioni può quindi portare fuori strada se non ci si affida al parere di un esperto sul tema. Dietro vi è infatti uno scenario complesso e si attende che gli stessi uffici dipartimentali comunali ed anche regionali, emettano delle circolari che consentano il corretto rapporto tra cittadino e pubblica amministrazione ne quadro della nuova norma.
Infatti, i regolamenti regionali e comunali, fatti salvi dal decreto, sono talvolta diversificati tra loro e sussistono comunque alcune complessità che potrebbero interessare immobili ricadenti in ambiti paesaggisticamente rilevanti o nei beni culturali.
In merito ai condomini vi è una novità nel decreto che riguarda lo stato legittimo e l’operatività delle manutenzioni da apportare su beni esclusivi e comuni: [1-ter.] “Ai fini della dimostrazione dello stato legittimo delle singole unità immobiliari non rilevano le difformità insistenti sulle parti comuni dell’edificio, di cui all’articolo 1117 del codice civile. Ai fini della dimostrazione dello stato legittimo dell’edificio non rilevano le difformità insistenti sulle singole unità immobiliari dello stesso”.
Tale nuova modifica inserita nell’art. 9 bis del testo unico edilizia, sembrerebbe facilitare il lavoro degli amministratori che più serenamente possono fare deliberare i lavori sulle parti comuni e quindi operare tranquillamente la detrazione fiscale. Però la stessa modifica non sembra ricomprendere chiaramente tutte le casistiche delle difformità che si verificano tra parte esclusiva e comune. Se un condomino ha l’appartamento che internamente ha difformità interne, va da sé che le parti comuni non sono interessate e quindi esse non hanno preclusioni a essere manutenute. Ma se lo stesso condomino ha una difformità che interessa la parte comune, ad esempio ha aperto una finestra sulla parete perimetrale, è ovvio che codesta difformità va risolta, per ottenere il conseguente stato legittimo che consente l’operatività delle manutenzioni sulle parti comuni.
di Domenico Sostero, architetto
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