Con la riforma della giustizia definita “Cartabia”, dal nome della giurista che l’ha proposta, introdotta con il decreto legislativo 10 ottobre 2022 n. 149, il procedimento di mediazione civile e commerciale subisce una profonda modifica.
La prima conseguenza che riguarda il condominio è la possibilità di ricorrere più rapidamente alla mediazione, riducendo le lungaggini del precedente sistema. L’amministratore di condominio riceve maggiori responsabilità, non essendo più necessario ottenere l’autorizzazione dall’assemblea per aderire alla mediazione.
L’articolo 5 ter del decreto legislativo stabilisce che l’amministratore del condominio è legittimato ad attivare, aderire e partecipare al procedimento di mediazione. Il verbale contenente l’accordo o la proposta conciliativa del mediatore deve essere approvato dall’assemblea condominiale entro il termine fissato, con le maggioranze previste dall’articolo 1136 del codice civile. In caso di mancata approvazione, la conciliazione si intende non conclusa.
Ciò amplia i poteri e le responsabilità dell’amministratore, senza limitare il potere dell’assemblea di avere l’ultima parola sulla questione oggetto della mediazione. Le controversie oggetto di mediazione riguardano le parti comuni condominiali.
Con la riforma Cartabia, il ruolo dell’amministratore passa da soggetto passivo, che si atteneva alle decisioni dell’assemblea, a un ruolo attivo e tecnico, decidendo se proporre o aderire a una mediazione. Alla fine del procedimento, è obbligato a portare in assemblea la questione per la ratifica o meno di quanto concordato o proposto dal mediatore.
L’assemblea, a quel punto, valuta le azioni dell’amministratore e delibera in merito. Questo implica che non sarà più possibile affidarsi ad amministratori “dopolavoristi”, ma sarà necessario ricorrere a professionisti esperti del settore delle gestioni immobiliari. In tal modo, si tutela adeguatamente il patrimonio immobiliare.
di Lilly Falcone Responsabile gestione immobiliare
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