La giurisprudenza recente ha chiarito se anche il conto corrente condominiale rientri fra i beni su cui il creditore possa rivalersi o meno.
La nuova riforma del condominio, legge 220/2012, ha introdotto l’obbligo per l’amministratore di “…far transitare le somme ricevute a qualunque titolo dai condomini o da terzi, nonché quelle a qualsiasi titolo erogate per conto del condominio, su uno specifico conto corrente, postale o bancario, intestato al condominio…”. (Art. 1129 c. 7).
Sulla natura giuridica del condominio si è molto discusso, soprattutto sul tema dell’esclusione della sua personalità giuridica. Si è rappresentato l’ente condominio come un centro autonomo d’imputazione di diritti ed obblighi afferenti alla gestione del medesimo.
Pertanto il legislatore del tempo ha introdotto, tra le varie modifiche, anche quella concernente l’obbligo per l’amministratore dell’apertura di un conto corrente condominiale sul quale far confluire le somme versate, a titolo di quote di partecipazione dai condomini, oltre a essere utilizzato per far fronte all’erogazione delle relative spese di gestione dell’edificio.
Fatta questa doverosa premessa, un quesito si è posto all’attenzione degli operatori del diritto: il conto corrente condominiale può essere assoggettato a un’azione esecutiva? In particolare, se a fronte di un’azione esecutiva nei confronti del condominio, annunziata dalla notifica d’una sentenza o di un decreto ingiuntivo accompagnato da atto di precetto il conto corrente condominiale possa esser pignorato. Si tratta di un pignoramento mobiliare presso terzi, il cui oggetto è il denaro depositato presso la banca dove il condominio ha il conto corrente.
La recente giurisprudenza di merito ha dato quesito una soluzione positiva, vale a dire che il conto corrente del condominio è pignorabile, sicché assoggettabile a un’azione esecutiva a tutela del creditore procedente.
Pur trovando in favore della pignorabilità del conto corrente condominiale diversi argomenti, giova rammentare che per le Sezioni Unite Civili del 2008 le obbligazioni condominiali, cioè quelle obbligazioni che gravano su ogni singolo partecipante al condominio in proporzione al valore millesimale delle rispettive unità immobiliari, vengono rappresentate dai supremi giudici come obbligazioni parziarie, giammai solidali, salvo espresso accordo in tal senso. (Cass. Civ., Sez. Un., Sent. n. 9148 dell’8 aprile 2008). Conseguentemente, il valore complessivo dell’obbligazione condominiale, vista dall’interno, cioè del rapporto tra i diversi condomini, viene concepito come un fascio d’obbligazioni autonome ed indipendenti.
Pertanto, l’assoggettabilità del conto corrente del condominio al pignoramento, postula che il titolo esecutivo portante il credito vantato dal creditore, sia quello rappresentato da una sentenza esecutiva, sia quello derivante da un’ingiunzione di pagamento emessa nella fase monitoria munita però della clausola dell’esecutorietà provvisoria siano notificati sia al condominio che al suo amministratore protempore unitamente all’atto di precetto, necessario per avviare l’esecuzione forzata.
Dunque, che il conto corrente del condominio sia chiamato a rispondere dei debiti contratti dal suo amministratore è coerente con la qualifica giuridica di quest’ultimo. Infatti, l’amministratore opera come un mandatario che agisce in nome e nell’interesse dei singoli condomini, giacché “…l’amministratore agisce quale mandatario con rappresentanza dei vari condomini…”. (Cass. civ., Sez. VI – 2, Ord. n. 10679 del 22 maggio 2015).
Conseguentemente, se l’amministratore quale mandatario contrae obbligazioni in nome e per conto del condominio e quindi dei singoli condomini, di tali debiti debba rispondere il medesimo ente con tutte le sue disponibilità economiche, tra le quali anche il conto corrente.
Tal riflessione è coerente anche con il disposto dell’art. 2740 c.c., a mente del quale il debitore risponde dei suoi debiti con tutto il suo patrimonio, presente e futuro. Nell’alveo del patrimonio del condominio si trova anche il conto corrente condominiale.
Né vale obiettare, avverso la possibilità di pignorare il conto corrente del condominio, quanto disposto dal secondo comma dell’art. 63 delle disposizioni di attuazione del codice civile circa l’operatività del beneficio d’escussione in favore dei condomini virtuosi. In base al quale il creditore, prima d’avviare un’azione esecutiva contro questi ultimi, è obbligato a escutere quelli morosi.
La differenza, secondo la giurisprudenza di merito, sta nella genesi del debito.
I contributi condominiali generano un’obbligazione in capo a ciascun condomino e quindi il privilegio della preventiva escussione dei condomini morosi risponde all’esigenza di chiamare a rispondere dei debiti innanzitutto proprio questi ultimi, e poi a fronte della loro incapienza economica, quelli virtuosi.
Mentre dall’altra, il debito che si origina da un’obbligazione contratta dall’amministratore nell’interesse del condominio determina il diritto del creditore di soddisfare la sua pretesa creditoria pignorando anche il conto corrente dell’ente de quo.
A sostegno di tal considerazione viene in rilievo la circostanza fattuale che sul conto corrente del condominio le quote versate dai singoli partecipanti una volta confluitevi si confondono con il denaro già insistente sul conto.
Tal riflessione è avvallata anche dalla giurisprudenza di legittimità, a mente della quale “…ogni qual volta l’amministratore contragga con un terzo, coesistono distinte obbligazioni, concernenti, rispettivamente, l’intero debito e le singole quote, facenti capo la prima al condominio, rappresentato appunto dall’amministratore, e le altre ai singoli condomini, tenuti in ragione e nella misura della partecipazione al condominio ai sensi dell’art. 1123 c.c..”. (Cass. civ. Sez. VI – 2, Ord. n. 14530 del 9 giugno 2017).
L’anzidetta considerazione è corroborata, finanche, dalla giurisprudenza di merito la quale ha statuito, al riguardo, che “…le somme depositate sul conto corrente del condominio, formalmente intestate all’ente di gestione, devono ritenersi sottratte alla disponibilità dei singoli condomini: ad esse viene impresso un vincolo di destinazione (uso nell’ interesse comune in base alle determinazioni dell’assemblea condominiale) che elide il legame giuridico con i singoli condomini, i quali, dal momento in cui le somme affluiscono sul conto condominiale, non possono più singolarmente e personalmente disporne…”. (Trib. Cassino, Sezione Civile, Sent. n. 782 del 27 maggio 2021).
E ancora, sempre volgendo lo sguardo alla giurisprudenza, si apprende che “…il pignoramento di saldo del conto corrente condominiale da parte del creditore è allora volto a soddisfare in via esecutiva la sola obbligazione per l’intero gravante sull’amministratore e non interferisce col meccanismo di beneficio di escussione, ex art. 63, co. 2, disp. att. c.c., il quale è posto a presidio unicamente dei distinti obblighi pro quota spettante ai singoli”. (Trib. Milano, Sez. III, Sent. n. 11878 del 21 novembre 2017).
Nella stessa direzione, si afferma che“la pignorabilità del conto corrente condominiale non è esclusa dal disposto dell’art. 63 disp. att. c.c. laddove prevede l’obbligo del creditore di preventivamente escutere il patrimonio del condomino moroso, valendo il beneficio della preventiva escussione solamente a favore dei condomini virtuosi e non del condominio”. (Trib. Ascoli Piceno, Sent. n. 1287 del 26 novembre 2015).
Ne viene, in conclusione, che il conto corrente intestato al condominio rappresenta un ben mobile sul quale il creditore esterno può agire al fine di realizzare la sua pretesa creditoria ed è assoggettabile alla procedura esecutiva d’espropriazione quale il pignoramento nelle forme del pignoramento presso terzi, ex art. 543, C.p.c.
di Filippo Simone Zinelli e Giovanni Stampone, avvocati
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