Le norme più recenti incentivano strumenti e soluzioni verso la transizione energetica che oltre ad abbattere le emissioni per ridurre il nostro impatto sul clima consentono risparmi davvero notevoli in termini di consumi.
Quante volte sentiamo parlare di sistemi centralizzati? Quante volte sentiamo parlare di pompe di calore o di comunità energetiche e gruppi di autoconsumo collettivo? Forse ancora troppo poco. E se pensassimo di abbinare tutto ciò, cosa accadrebbe?
Il nuovo studio dell’Istituto Nazionale Transizione Energetica – INTE, In collaborazione con la prestigiosa realtà di Ecofuturo, verte proprio sui suddetti temi sarà completato e pubblicato nei prossimi mesi.
In Italia sono presenti circa 1,2 milioni di condomini che rappresentano 1/10 del totale immobiliare del nostro Paese. I condomini sono presenti in maniera trasversale sul suolo italiano ma in particolar modo sono situati nelle grandi città. Quindi una moltitudine di cittadini vive in condominio, pressappoco 45 milioni di italiani, ovvero il 75% della popolazione.
Un quinto del pil europeo arriva dagli immobili tanto che il settore immobiliare assume un ruolo di rilievo all’interno delle economie dei principali Paesi europei. Dagli ultimi dati, l’Italia guida la classifica dei primi cinque Paesi europei per peso del settore immobiliare, con un totale del 19%. Il condominio, visti questi dati, è l’assoluto protagonista.
Quando si affronta un qualsiasi studio è fondamentale andare a contestualizzare il momento storico sotto il profilo legislativo e normativo sia nazionale che europeo. Se parliamo di immobili (e quindi, di condomini) non si può non tener conto della imminente direttiva della commissione Ue “case green”. Sinteticamente, da Bruxelles e Strasburgo arriva l’obbligo per gli Stati membri di aggiornare il comparto immobiliare interno: tutti gli edifici dovranno passare alla classe energetica E entro il 2030 e D entro il 2033, il tutto vale anche per gli edifici pubblici ma con tre anni di anticipo. spostando così le scadenze al 2027 e 2030.
Prendendo i dati del nostro istituto, oltre 7,6 milioni di immobili (il 61%) risultano appartenere alle classi energetiche F-G, con una situazione che potremmo definire drammatica. Ma cosa comporta un salto di classe enrgetica?
Prendiamo come esempio un’abitazione di cento metri quadrati: passare da una classe energetica F a una D consente un risparmio per il solo riscaldamento di 2.500 euro l’anno. La sola sostituzione di una caldaia a gas con una pompa di calore può garantire un risparmio economico di poco più di 400 euro annui, oltre a ridurre drasticamente le emissioni di gas climalteranti.
Esistono varie tipologie di pompe di calore: ad aria-acqua; aria-aria; acqua; geotermica; assorbimento. Diverse l’una dall’altra sia per dettagli tecnici, sia per costi, sia per performance. Fondamentale, nella scelta, il Cop (coefficiente di prestazione energetica) che incide sul risparmio: importante optare per un modello che abbia un Cop che va da 3,5 a 6,5.
Bisogna tra l’altro considerare che una pompa di calore funziona solo tramite energia elettrica e che il suo consumo non è costante: all’accensione il consumo è elevato, mentre per il mantenimento della temperatura è ridotto al minimo. Presupponendo un utilizzo medio di otto ore al giorno con una pompa di calore da 5Kw/h è possibile stimare un consumo di circa 5,5 Kw/h e un consumo annuo che si attesterà tra i 1400-1800 Kw/h.
Ipotizzando, quindi, il costo dell’energia di 0,50€ Kw/h, il costo annuo per il riscaldamento sarà di 700 – 900 euro. Considerando, invece, un consumo stimato di 1000 metri cubi di gas e un prezzo di 1,5 €/SMC, in questo caso il costo sarebbe di 1500 euro circa. Quindi una spesa annua ridotta di almeno il 40%.
Le pompe di calore offrono, dunque, l’occasione di svincolarsi dalle fonti fossili e dal gas e per massimizzare il risparmio, funzionando con corrente elettrica, l’ideale sarebbe abbinare un impianto alimentato da fonti rinnovabili. Sicuramente il fotovoltaico è la scelta più immediata. È valutabile nel caso anche l’opzione con accumulo dove l’energia viene stoccata e resa disponibile quando necessario.
I RISPARMI IN CONDOMINIO
In un condominio iniziamo a pensare allora ai benefici di un impianto a pompe di calore centralizzato con un fotovoltaico abbinato. Si andrebbero ad abbattere letteralmente i costi energetici per il riscaldamento, oltre che apportare dei benefici ambientali sostanziali riducendo le emissioni di anidride carbonica in atmosfera. Ovviamente per capire a quanto ammonterebbe il risparmio bisognerebbe contestualizzare i diversi risvolti condominiali e abitativi. In particolar modo analizzare la posizione geografica, la struttura del condominio per capacità di tetto per l’installazione dell’impianto fotovoltaico, oltre che esaminare le caratteristiche tecniche dell’edificio e le migliorie che si andrebbero ad apportare. Di certo con infissi termoisolanti e con una dispersione del calore ridotta al minimo i consumi saranno irrisori. In alcuni casi possiamo affermare a voce alta che si azzererebbero del tutto i costi energetici!
L’“eccellenza” (così amo definirla) si otterrebbe se andassimo a inquadrare tutte queste soluzioni all’interno di una comunità energetica, misura che ha anche subìto una recente modifica incentivante che riguarda tutto l’impianto normativo. Si riesce così, tramite una condivisione in comunità, a riscaldare le case di tutte e tutti noi e garantendo quel benessere ambientale, sociale ed economico a cui il legislatore ambiva, dando a tutti la possibilità di sentirsi protagonisti di quel percorso così complesso che definiamo “transizione energetica”.
di Pasqauele Luca Giardiello, presidente INTE