In agosto una sentenza di Oristano ha stabilito che il consuntivo condominiale si basi sul principio di cassa e non di competenza. Una decisione che apre le porte a liti e ricorsi.
l tribunale di Oristano con una recentissima sentenza, la n. 451 del 7 agosto2023, contribuisce a creare problemi agli amministratori di condominio professionisti e di conseguenza ai condomini da essi gestiti. Sentenze di questo tipo, emesse a nostro parere con illogicità e poca lungimiranza, creano incertezza e determinano ingenti danni ai condomini, già per loro natura molto portati alla conflittualità. Purtroppo, questa decisione aumenterà notevolmente la litigiosità tra i condomini con il conseguente intasamento dei Tribunali.
Non entriamo qui nel merito dell’oggetto della controversia che con la sentenza viene giudicata, peraltro a mio avviso corretta nella sostanza in quanto l’amministratore di condominio aveva riportato in bilancio spese che non potevano essere inserite in esso, in quanto prive di giustificativi ma vediamone le conseguenze pratiche. Il problema che emerge dalla n. 451/2023 consiste nei principi contabili che emergono da essa e che non possono essere assolutamente condivisibili.
Veniamo ai fatti, riportando alcuni stralci della sentenza:
“Il conto consuntivo della gestione condominiale, non deve essere strutturato in base al principio della competenza bensì a quello di cassa; l’inserimento della spesa va pertanto annotato in base alla data dell’effettivo pagamento, così come l’inserimento dell’entrata va annotato in base alla data dell’effettiva corresponsione. Ciò perché la mancata applicazione del criterio di cassa (v. già Cassazione n. 10153/2011) è idonea ad inficiare sotto il principio della chiarezza il bilancio”.
Dalla lettura della sentenza risulta evidente che il giudice non ha fatto altro che fare un’operazione di copia ed incolla di quello che viene riportato nella C.T.U. nella sua relazione. Il perito del tribunale (C.T.U.), al quale ogni giudice si affida ogni qualvolta deve decidere su fatti tecnici di cui non può avere la competenza adeguata, ha però preso una grande cantonata.
La contabilità condominiale è leggermente diversa da quella delle società, piccole o grandi che siano, e la non adeguata conoscenza a fondo può determinare grandissimi problemi.
Infatti, questo C.T.U., non tenendo conto che il condominio è un ente di gestione, peraltro ancora sprovvisto di personalità giuridica, che non ha come fine la produzione di beni o servizi ma nella sostanza è un’impresa di erogazione di servizi fine a sé stessa.
A fine gestione per un condominio non ci sarà un utile o una perdita di gestione, ma ci sarà un saldo di gestione, che potrà essere positivo o negativo. Saldo che di conseguenza dovrà essere restituito ai condomini se si è speso di meno di quanto preventivato o versato da essi nelle casse condominiali nel caso opposto, per poter pagare i fornitori.
Mentre, se il condominio viene assimilato a qualcosa che nella sostanza non è (cioè ad un’azienda che è un’impresa di produzione che a fine esercizio deve determinare un utile di gestione, se gestita correttamente o una perdita di gestione) questo porterà ai problemi che andremo ad esaminare di seguito.
Interpretazioni non adeguate da parte del C.T.U. possono di conseguenza portare il giudice ad emettere una sentenza di questo tipo.
Se poi, da informazioni che emergono colloquiando con numerosi avvocati esperti in materia condominiale, i vari tribunali di numerose città si rifanno, in molti casi, a sentenza emesse da tribunali di riferimento quali ad esempio quello di Roma, che hanno nello specifico adottato interpretazioni giurisprudenziali precedenti errate e dalla stessa sentenza emerge ciò, stiamo messi proprio male.
Infatti, nella sentenza oggetto di disamina si legge, con sconforto: “…. si ritiene di condividere l’orientamento secondo cui il solo criterio di cassa”, dice il giudice che ha emesso la predisposta riprendendo un’altra sentenza che recita, “consente di conoscere esattamente la reale consistenza del fondo comune […] laddove il rendiconto sia redatto, invece, tenendo conto sia del criterio di cassa e che di competenza i condomini possono essere facilmente essere tratti in inganno se non sono chiaramente e separatamente indicate le poste” (tribunale di Roma, sez. V, sentenza del 13/11/2019 n. 21802).
La stessa sentenza n. 451/2023 continua nella sua illogicità in materia contabile-economica condominiale, continuando: “Pertanto, posto che l’art. 1130-bis, dispone che il rendiconto condominiale deve essere espresso in modo chiaro da consentire l’immediata verifica, deve ritenersi condivisibile la citata giurisprudenza in merito che addiviene alla soluzione per cui, laddove l’assemblea abbia approvato un consuntivo che non sia improntato a tali criteri (di cassa) e così violi i diritti dei condomini, lo stesso potrà essere dichiarato illegittimo”.
Oltre ad essere difronte all’ennesimo caso di copia e incolla si evince una pigrizia nell’affrontare una problematica così importante. Infatti, il giudice e il C.T.U. non fanno altro che rifarsi a precedenti sentenze, peraltro errate.
Questa tendenza, in ambito condominiale, di rifarsi ad una giurisprudenza precedente anche se errata è preoccupante, si ha la presunzione di teorizzare su un qualcosa che non ha nulla di scientifico o di economico. Ritengo che, se si utilizza un linguaggio tecnico si deve fare in modo corretto o non farlo affatto.
Compito della ragioneria è quello di “rilevare”, “analizzare” e “registrare” un determinato fatto economico/finanziario. Tutto ciò è possibile in ambito condominiale solo adottando un “criterio misto”, che non può essere altro che di cassa per le entrate e di competenza per le uscite.
Vediamo di far comprendere a tutti i non addetti ai lavori, cioè i condomini ai quali ci rivolgiamo, in modo chiaro e semplice, con alcuni esempi pratici, cosa comporterà questa sentenza qualora fosse da qualche amministratore applicata (anche se non penso che ciò avverrà a causa della sua inadeguatezza).
Esempio 1. TFR del dipendente condominiale (portiere, pulitore)
L’obbligo di legge è quello di effettuare un accantonamento mensile. Accantonamento che non comporta un’uscita immediata dalla cassa condominiale, cosa che si manifesterà solo al momento in cui il dipendente andrà in pensione o farà richiesta di una parte del TFR accantonato. Quindi in base a questa sentenza, e alle precedenti, l’amministratore non lo potrà inserire tra le poste del bilancio annuale e di conseguenza farlo pagare ai condomini che sono proprietari in quel momento. Oltre ad incorrere a sanzioni, per il mancato accantonamento a fondo, si manifesterà un ulteriore problematica. Al momento in cui il portiere andrà in pensione o farà richiesta di una parte del TFR, in cui ci sarà l’uscita di cassa, i proprietari possono essere diversi da quelli degli anni in cui esso è maturato. Pensate ai problemi che questo comporterà. Come si farà a far pagare chi non è più proprietario? I nuovi proprietari saranno disposti a pagare somme non a loro attribuibili?
Esempio 2. Fatture non pagate nel corso dell’anno per mancanza di disponibilità di cassa.
In base alla sentenza, non essendoci stato l’effettivo pagamento, non potranno essere riportate nel rendiconto che l’amministratore dovrà redigere e non contribuiranno a determinare i saldi di gestione che i condomini dovranno pagare. Si verificherà l’assurda situazione, che l’amministratore a causa del mancato pagamento delle fatture, che può essere dovuto a tanti motivi (mancato pagamento delle quote da parte di alcuni condomini, maggiore spesa di una posta di bilancio rispetto a quanto previsto nel preventivo, oppure ad una spesa non preventivata, ecc.) dovrà restituire le maggiori somme versate dai condomini in regola con le rate emesse a preventivo, falsando il rendiconto a causa della mancata registrazione di spese che si sono manifestati nel corso della gestione. Una domanda sorge spontanea: come e quando questi fornitori saranno pagati? Si dovrà predisporre un’apposita assemblea condominiale in cui si dovrà deliberare, con un apposito punto all’ordine del giorno, su queste spese non riportate in bilancio come si fa per le spese straordinarie. Forse questi signori che emettono questo tipo di sentenze ci diranno qualcosa.
Esempio 3. Fatture che si riferiscono a prestazioni o servizi eseguiti nel mese di novembre e dicembre che vengono emesse dai fornitori a gennaio dell’anno successivo (mi riferisco a fatture per le forniture di energia, gas, acqua, pulizie, anche stipendio del portiere che viene elaborato e pagato entro il 5 del mese successivo, ecc.).
Tutte queste fatture non possono, in base a quanto emerge dalla sentenza, essere riportare nel bilancio consuntivo in quanto non vi è l’effettiva uscita dalla cassa condominiale (il fatidico criterio di cassa che dovrebbe essere utilizzato anche per le spese) anche se senza alcun dubbio sono costi che il condominio deve pagare e che si riferiscono al rendiconto di spesa che l’amministratore deve portare in approvazione dei condomini. Che valore può avere un rendiconto dal quale vengono estrapolate, oltre alle spese per le quali l’amministratore non ha i fondi viste sopra, tutte queste ulteriori spese? Si consideri poi che queste spese non sono mai uguali negli anni e differiscono per un miriadi di fattori. Come si pensa di tutelare i proprietari e conduttori che in quell’anno ci sono in quel condominio e l’anno successivo non saranno più presenti, se hanno ceduto il loro immobile o se i conduttori si sono traferiti altrove?
Non avendo la possibilità di incassare queste fatture nell’immediato, con la presentazione del rendiconto e la conseguente emissione e incasso dei relativi saldi da parte dei condomini, i fornitori cosa faranno? Aspetteranno pazientemente un anno oppure, oltre al ricorrere al tribunale per il soddisfacimento dei loro crediti, creeranno dei disservizi?
Si pensi ad esempio alle forniture di acqua, luce e gas. Attualmente in città come Roma se non vengono pagate entro sessanta giorni si provvede immediatamente all’interruzione della fornitura dopo una semplice diffida, questo perché ritenuti beni non più essenziali.
Per questioni di spazio mi fermo qui, ma potrei continuare con tantissime altre problematiche che una sentenza del genere comporterà e che non aumenterà la chiarezza nella redazione del rendiconto di spesa. L’unica conseguenza che determinerà questa sentenza è quello di aumentare la confusione nei condomini e l’incremento esponenziale della conflittualità.
di Battista Praino Amministratore
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