Oltre alle riforme del settore iniziate negli anni ’90 la pandemia ha alzato ancora di più le aspettative e le esigenze dei condomini verso l’amministratore a cui sono affidati compiti fiscali e di gestione sempre più delicati. Una figura che dovrebbe essere meglio inquadrata al fine di tutelare di più i condomini.
La figura dell’amministratore di condominio nel corso degli anni ha subito una profonda trasformazione, passando da quella ormai romantica ricordata dalle precedenti generazioni di proprietari immobiliari di prima del 1998 a quella attuale. L’anno 1998 è da considerare lo spartiacque che ha portato a trasformare profondamente la vecchia figura dell’amministratore.
Sino ad allora non costituiva un lavoro vero e proprio ma era svolto, nei ritagli di tempo, per lo più dal condomino che sapeva un minimo di contabilità e che svolgeva un lavoro di ufficio, sia nel settore privato che pubblico. Nella maggior parte dei casi i fornitori venivano pagati senza alcuna fattura con una semplice ricevuta rilasciata su un pezzo di carta senza alcun valore giuridico/fiscale. I rendiconti annuali e le ripartizioni delle spese erano fatti a mano e alla buona, la conflittualità tra i condomini era minima e di facile soluzione.
Oggi la figura dell’amministratore di condominio è totalmente diversa rispetto al passato. Sempre maggiori adempimenti vengono attribuiti a questa figura professionale.
LA RIFORMA BERSANI
Con la cosiddetta “Riforma Bersani” del 1998 il condominio diventa “sostituto d’imposta” per conto dell’Agenzia delle Entrate. È qualcosa di rivoluzionario in quanto l’amministratore, in qualità di legale rappresentante del condominio, avrà l’obbligo di trattenere ai professionisti e ai dipendenti che operano nel condominio una ritenuta di acconto sulle prestazioni effettuate.
Sostituto di imposta è “chi in forza di disposizioni di legge è obbligato al pagamento di imposte in luogo di altri, per fatti o situazioni a questi riferibili ed anche a titolo di acconto”.
Il condominio e non l’amministratore sarà tenuto a effettuare le ritenute di acconto, questo significa che ciascun proprietario è responsabile in solido, in caso di mancato pagamento da parte dell’amministratore, alle pretese dell’Agenzia delle Entrate per l’intera somma non versata. Ovviamente poi si potranno esercitare i diritti di rivalsa nei confronti degli altri soggetti interessati a vario titolo.
LA RIFORMA DEL 2007
La seconda scossa al settore e stata data con la legge finanziaria del 2007 (approvata il 24 dicembre 2006) che ha introdotto un ulteriore obbligo per il condominio come sostituto d’imposta. Pertanto, il condominio in persona del suo amministratore, ha l’obbligo di effettuare una ritenuta anche sui corrispettivi derivanti da prestazioni relative a contratti di appalto di opere e servizi, la c.d. ritenuta di acconto del 4% su appalti e servizi condominiali.
L’importo della ritenuta di acconto del 4% sarà applicato sull’imponibile per artigiani ed imprese aggiungendosi a quella del 20% già in atto per i professionisti e prestatori d’opera occasionali (oltre alle ritenute applicate per i dipendenti). Tali somme dovranno essere versate entro il 16 del mese successivo a quello della trattenuta all’Agenzia delle Entrate con il modello fiscale F24 utilizzando appositi codici (1019, 1020 o 1040) a secondo della tipologia di fornitore.
Successivamente sarà compito dell’amministratore effettuare per ogni condominio amministrato una sorta di dichiarazione dei redditi condominiali, definita modello 770, con la quale si comunicano all’Agenzia delle Entrate i nominativi dei fornitori che hanno avuto rapporti con il condominio, il totale delle fatture pagate per ognuno di essi e il totale delle trattenute effettuate e versate, già introdotto dal 1998.
Inoltre, l’amministratore sarà tenuto a rilasciare le certificazioni fiscali da tramettere a coloro i quali ha effettuato le ritenute che attestano l’ammontare delle somme trattenute e versate all’erario.
Un ulteriore passaggio importante, sull’evoluzione della figura dell’amministratore, è stato quello della possibilità che la gestione di immobili in condominio potesse essere svolto anche da società di persone o di capitali oltre che da persone fisiche. Possibilità discussa e iniziata a praticare a partire dal 2005, con diversi casi finiti anche nei diversi tribunali italiani.
Controversie e dubbi, al riguardo, vengono successivamente dissolti dall’art. 71 bis delle disposizioni attuative del codice civile introdotto con la legge di riforma del condominio del 2012.
Sempre in campo fiscale, si passa dagli adempimenti relativi alle detrazioni per i lavori di manutenzione che vengono effettuati nel fabbricato condominiale, prima al 36% poi al 50% (ma in alcuni casi anche al 65%) che ogni condomino potrà portare in detrazione negli anni successivi.
Si continua con il Superbonus del 110% e si ricomincia adesso con le nuove norme introdotte dalla Comunità Europea per rendere le nostre abitazioni sempre meno dipendenti dai combustibili fossili.
Infatti, i dibattiti nel settore condominiale di questi primi mesi del 2024 sono concentrati su concetti nuovi quali “gruppi di autoconsumo collettivo” e “comunità energetiche rinnovabili” dove la figura dell’amministratore di condominio è sempre più centrale.
LA RIFORMA CARTABIA E IL RUOLO DELL’AMMINISTRATORE
Ma l’evoluzione della vecchia figura dell’amministratore ha avuto nuovi adempimenti anche nel campo legale, soprattutto a seguito dell’approvazione della c.d. “legge Cartabia” entrata in vigore nel 2023. Sulla base di tale norma vengono attribuiti dei nuovi poteri all’amministratore, che può per molte attività giudiziarie procedere in assoluta autonomia e senza alcuna autorizzazione preventiva da parte dell’assemblea. Attività che si aggiungono a quelle precedenti già attribuitegli dal codice civile.
Va poi considerato l’incremento delle difficoltà di gestione dei condomini e dei fornitori che è aumentata in maniera esponenziale negli ultimi anni, soprattutto dopo il periodo della pandemia. Oggi gli sono richieste capacità di gestione efficace ma di saper mantenere relazioni positive e di soddisfazione dei condomini. Caratteristiche mai esistite in passato.
Soprattutto la gestione delle assemblee condominiali che è il luogo dove gli istinti peggiori di alcuni condomini si manifestano, senza un’adeguata preparazione personale da parte dell’amministrare diventa impossibile e può aggravare le tensioni all’interno di essa.
L’amministratore deve possedere sempre più qualità empatiche per svolgere la sua funzione di gestore dei rapporti e di mediatore per ridurre la conflittualità sempre più crescente tra i condomini e tra questi e l’amministratore stesso.
A seguito di ciò gli amministratori professionisti più evoluti e attenti a queste nuove difficoltà fanno corsi specialistici per acquisire tecniche di gestione dei rapporti interpersonali e per migliorare l’approccio con i condomini, sempre più esigenti, e i fornitori.
UN PROFESSIONISTA ANCORA IN SECONDO PIANO
Nonostante tutto ciò agli occhi di molti proprietari di immobili, nonostante questa continua escalation di nuove attribuzioni e di incombenze per l’amministratore, sia in campo fiscale e giuridico ma anche relazionale, viene ancora visto e considerato, se non proprio come il contabile di 30 anni fa, come una figura di secondo piano rispetto agli altri professionisti.
La problematica principale è che gli altri professionisti (avvocati, commercialisti, geometri, ingegneri, architetti, etc.), avendo degli ordini professionali di categoria, vengono da essi tutelati a differenza degli amministratori.
La legge 220/2012 che ha apportato modifiche significative alle norme condominiali, peggiorandole in molti casi, non ha certo aiutato a categoria se non addirittura l’ha peggiorata.
Tale norma ha peggiorato la figura dell’amministratore rendendola ancora più ibrida, consentendo a chiunque di gestire ingenti patrimoni immobiliari d decine, se non in alcuni casi centinaia, di milioni di euro. Soggetti che non dispongono di competenze professionali adeguate al ruolo che svolgono.
I REQUISITI PER ESSERE AMMINISTRATORE
I requisiti per svolgere la professione sono minimi: “non essere interdetti o inabilitati, non essere annotati nell’elenco dei protesti cambiari, aver conseguito il diploma di scuola di secondo grado, aver frequentato un corso di formazione iniziale in materia di amministrazione condominiale”.
Un corso di sole 72 ore, da poter effettuare anche on-line, non può fornire a una persona le capacità professionali necessarie per svolgere un’attività professione sempre più difficile e complessa come quella dell’amministratore di condominio. Così come le 15 ore annuali obbligatorie di formazione da effettuare per mantenere i requisiti per gli anni successivi.
Tutto ciò determina che tutti possono svolgere questa professione, anche senza le competenze minime necessarie a evitare di determinare ingenti danni a chi li ha nominati, pensando di rivolgersi a persone competenti, per gestire i loro patrimoni immobiliari.
Tale situazione è inoltre resa ancora più grave dal fatto che professionisti di altri settori dotati di albo professionale non avendo limitazioni si riversano nel settore delle gestioni immobiliari, senza competenze adeguate ma con scopi diversi da quello di migliorare o solo garantire un servizio adeguato alle aspettative dei clienti.
Motivazioni che possono variare dalla semplice necessità di aumentare il loro fatturato, non riuscendo con la loro attività principale e per la quale sono esperti, ad avere margini adeguati; ad utilizzare questo settore come bacino per reperire nuovi clienti per la loro attività.
Siamo in presenza dei cosiddetti “dopolavoristi” o “doppiolavoristi”, che contribuiscono nella maggior parte dei casi a deteriorare ancora di più la figura professionale dell’amministratore di condominio, oltre a generare problematiche in tema di conflitto di interessi.
L’unica differenza tra un professionista e l’altro è, agli occhi dei più, rappresentata dal prezzo.
Oggi il professionista, o la società che svolge l’attività di amministrazione di immobili in condominio, deve effettuare necessariamente in modo esclusivo tale attività per poter adempiere adeguatamente a tutto ciò che necessita per una moderna gestione e soprattutto la formazione deve essere effettuata in modo serio.
Non è ammissibile che esistano doppiolavoristi o dopolavoristi. L’amministratore è oggi una figura totalmente diversa rispetto al passato e, oltre ad essere formato adeguatamente, deve studiare quotidianamente per aggiornarsi. Di certo non bastano 15 ore all’anno. L’amministratore deve essere in grado di avere una visione strategica pluriennale per valorizzare il patrimonio immobiliare che gli viene affidato. Deve essere in grado di proporre ai suoi clienti delle opzioni diverse, illustrarle adeguatamente, in modo che i condomini siano in grado di valutare e decidere in modo compiuto. Deve lavorare di concerto con altri amministratori professionisti per cercare di ridurre i costi di gestione dello studio.
Deve essere in grado di far cambiare mentalità ai condomini, facendo loro capire che non è possibile affidare le loro proprietà a chiunque ma solo, nel loro esclusivo interesse, ha chi possiede le capacità professionali adeguate a far fronte alle attuali esigenze.
L’amministratore deve essere visto in modo totalmente diverso rispetto al passato e sempre più vicino al modello di professionista del settore presente negli altri paesi europei: un amministratore che ha competenze trasversali, non un tuttologo, ma che è si avvale di un team di professionisti specializzati nel settore immobiliare, ognuno nel ramo di sua competenza (legale, tecnico, fiscale, contabile, ecc.)
Le colpe non sono solo dei condomini che scelgono chiunque, ma anche e soprattutto della grande frammentazione della categoria che non essendo dotata di un albo professionale o di un registro unico è rappresentata da una miriade di piccole e medie associazioni sempre in conflitto tra di loro e con obiettivi diversi e mai univoci, per partito preso.
Le associazioni di categoria degli amministratori (peraltro neanche è obbligatorio l’adesione ad una di esse) hanno come principale scopo quello di avere un maggior numero di adesioni, che portano un introito annuale consistente da parte degli iscritti. Si tratta di un’autocelebrazione volta ad aumentare l’influenza sugli sponsor che pagano gli eventi pseudo formativi obbligatori per gli amministratori, le famose 15 ore annuali.
Tutto ciò porta ad accogliere nelle associazioni chiunque, anche soggetti provenienti da altri ordini professionali riconosciuti, con dubbie capacità nel settore condominiale, che di fatto impedisce all’amministratore di condominio professionista che svolge esclusivamente tale attività di ottenere quell’autorevolezza indispensabile per far comprendere a tutti che i tempi sono mutati e non si può più restare nel passato.
Oggi gli amministratori non sono tutti uguali, uno non vale l’altro. Il prezzo non è un elemento differenziante, solo le competenze specifiche e la capacità gestione fanno la differenza. Quando si capirà tutto ciò il settore immobiliare farà un notevole balzo in avanti e a guadagnarci saranno tutti, amministratori e condomini.
di Battista Praino Amministratore
direzionerivista@condominiozeroproblemi.it