Si torna a parlare di sanatorie e noi abbiamo voluto ripercorrere la storia dei condoni in Italia cercando di capire che effetti abbiano avuto questi provvedimenti sul paesaggio e sulle città e che guadagno ne abbia ottenuto lo Stato.
Per illustrare sinteticamente il fenomeno amministrativo del condono edilizio, si possono estrarre dalla Treccani le seguenti definizioni: “Provvedimento amministrativo di sanatoria, che consente ai proprietari di costruzioni di sottrarsi, previo pagamento di somme a titolo di oblazione, oneri concessori, diritti e indennità risarcitorie, alle misure penali e amministrative tese a combattere il fenomeno illegale dell’abusivismo edilizio, vale a dire la costruzione o la successiva modificazione (anche soltanto funzionale) di edifici e manufatti edilizi non conformi alla legge e agli strumenti urbanistici vigenti.”
In merito a tale provvedimento sono state emanate sul finire del secolo scorso e all’inizio di quello attuale, tre leggi che prevedevano la sanabilità dell’illecito edilizio, qualora fosse stato compiuto all’interno di precise finestre temporali. Le prime due leggi il Parlamento le ha prodotte in meno di un decennio. Si tratta della legge 28 febbraio 1985, n. 47 (per opere ultimate entro il primo ottobre 1983 e con istanza presentata al Comune entro il termine del 30 novembre 1985); e della legge 23 dicembre 1994, n. 724 (che ha riaperto i termini per opere abusive ultimate entro il 31 dicembre 1993 che non abbiano comportato ampliamento del manufatto superiore al 30% della volumetria della costruzione originaria ovvero, indipendentemente dalla volumetria iniziale, un ampliamento superiore a 750 metri cubi). Tale disposizione va intesa come applicabile anche alle opere abusive realizzate nel termine di cui sopra relative a nuove costruzioni non superiori ai 750 metri cubi per singola richiesta di concessione edilizia in sanatoria.
Infine nel 2003 la legge n. 326 del 24 novembre, che ha nuovamente riaperto il condono alle opere abusive ultimate prima del 31 marzo 2003 e che non abbiano comportato ampliamento del manufatto superiore al 30% della volumetria della costruzione originaria o, in alternativa, un ampliamento superiore a 750 metri cubi applicabile alle opere abusive in nuove costruzioni residenziali non superiori a 750 metri cubi per singola richiesta di titolo abilitativo edilizio in sanatoria (a condizione che la nuova costruzione non superasse complessivamente i 3.000 metri cubi).
LE TIPOLOGIE DI ILLECITI CONDONABILI
I provvedimenti di condono sono intervenuti a sanare sei diverse tipologie di illeciti, vediamo quali.
Tipologia 1: opere realizzate in assenza o in difformità dal titolo abilitativo edilizio e non conformi alle norme urbanistiche e alle prescrizioni degli strumenti urbanistici.
Tipologia 2: opere realizzate in assenza o in difformità dal titolo abilitativo edilizio, ma conformi alle norme urbanistiche e alle prescrizioni degli strumenti urbanistici.
Tipologia 3: opere di ristrutturazione edilizia come definite dall’articolo 3, comma 1, lettera d) del d.P.R. 6 giugno 2001, n. 380, realizzate in assenza o in difformità dal titolo abilitativo edilizio.
Tipologia 4: opere di restauro e risanamento conservativo, realizzate in assenza o in difformità dal titolo abilitativo edilizio, nelle zone omogenee A (centri storici).
Tipologia 5: opere di restauro e risanamento conservativo, realizzate in assenza o in difformità dal titolo abilitativo edilizio, in zone diverse dai centri storici.
Tipologia 6: opere in assenza o in difformità dal titolo abilitativo edilizio non valutabili in termini di superficie o di volume.
CHE EFFETTI HANNO AVUTO I CONDONI IN ITALIA
Gli effetti del Condono Edilizio sono stati disastrosi sul territorio. In particolare quando si parla di abusi totali, ovvero di tipologia 1, essi hanno comportato consumo di suolo in assenza di qualunque pianificazione necessaria che potesse valutare gli effetti d’impatto sui terreni liberi e inedificabili.
L’altro aspetto rilevante è costituito dai vincoli, paesaggistici e di ogni altra natura, che insistono sul 40% del territorio nazionale. Il condono del 1985 prevedeva all’art. 32: “…il rilascio del titolo abilitativo edilizio in sanatoria per opere eseguite su immobili sottoposti a vincolo, è subordinato al parere favorevole delle amministrazioni preposte alla tutela del vincolo stesso. Qualora tale parere non venga formulato dalle suddette amministrazioni entro centottanta giorni dalla data di ricevimento della richiesta di parere, il richiedente può impugnare il silenzio-rifiuto. Il rilascio del titolo abilitativo edilizio estingue anche il reato per la violazione del vincolo. Il parere non è richiesto quando si tratti di violazioni riguardanti l’altezza, i distacchi, la cubatura o la superficie coperta che non eccedano il 2 per cento delle misure prescritte.”.
Di seguito si apre uno scenario molto articolato rispetto ai vincoli, in quanto con il sopraggiungere dell’ultimo condono 2003, si è data facoltà alle regioni di disciplinare con proprio provvedimento regionale il rilascio dei condoni e, nella fattispecie, rispetto ai vincoli sono stati introdotti criteri restrittivi che hanno comportato la non ammissibilità della istanza di condono. Ciò ha avuto come conseguenza un notevole numero di reiezioni difficilmente impugnabili presso il TAR e, successivamente, al Consiglio di Stato.
IL (MANCATO) GUADAGNO PER LO STATO
Sotto il profilo economico lo Stato ha incassato poco rispetto alle spese che ha subito. La stessa legge 47/’85 prevedeva che, una volta condonati gli abusi rilevanti che riguardavano massivamente pezzi di territorio agricolo, gli stessi avrebbero dovuto essere dotati delle necessarie opere di urbanizzazione primaria e secondaria, ben più costose dei ricavi ottenuti dal processo amministrativo a cui è stato dato corso. Inoltre sono state create strutture organizzative ad hoc negli uffici comunali con investimenti di diverse risorse umane e relativi emolumenti.
Andrebbe poi descritto l’effetto sul tessuto consolidato esistente, ovvero quanto esso abbia inciso sul patrimonio edilizio di tipologia residenziale condominiale. Gli abusi ricorrenti in questo caso sono stati gli aumenti di volume tramite verande o sopraelevazioni sull’attico. Il responsabile dell’abuso può presentare l’istanza dii condono, ma qui bisogna fare la necessaria distinzione tra condono e sanatoria.
Il primo agisce in deroga a tutte le norme, anche nel caso delle tipologie 1 e nel campo delle finestre temporali ivi ammesse, salvo i problemi vincolistici inaspriti con l’ultimo condono 2003.
La seconda è ammessa in via ordinaria dal Testo Unico Edilizia, ma va dimostrata la compatibilità dell’abuso in regime di doppia conformità, ovvero che esso si verifichi nel rispetto delle norme alla data di compimento dell’abuso e di quelle al momento di presentazione dell’istanza. Tale aspetto diventa uno scoglio non sempre superabile, in quanto è soggetto al silenzio-rifiuto, qualora l’Ufficio Tecnico non risponda entro 60 giorni dalla presentazione dell’istanza. Nel caso di sanatoria di opere compiute dal singolo condomino sulle parti comuni, l’amministrazione condominiale può chiedere la verifica della regolarità degli atti e anche sollevare l’esigenza di un preventivo avviso da parte del condomino verso il condominio.
GLI ABUSI IN CONDOMINIO
Quando invece si verificano abusi edilizi in un condominio e non risultano agli atti richieste di sanatoria, l’amministratore deve intervenire e denunciare l’illecito autonomamente e senza autorizzazione condominiale, invitando il responsabile dell’abuso a ristabilire lo stato legittimo delle opere. In caso di inerzia del responsabile, non rimane altro all’amministratore di procedere alla denuncia dell’illecito. La diffida rende lo stesso amministratore indenne da qualunque coinvolgimento penale.
di Domenico Sostero, architetto
domenico.sostero@gmail.it