Grandi player stanno invadendo il mercato delle gestioni immobiliari. Per restare sul mercato e offrire servizi di grande qualità non resta che mettere da parte l’individualismo e fare rete.
Uno studio professionale che si occupa di gestioni amministrative come lo si intendeva qualche anno fa, senza andare molto indietro nel tempo basta guardare appena a meno di un quinquennio addietro, oggi non ha più motivo di esistere. Una grande spallata è stata data al settore, così come a molti altri settori, dalla recente pandemia.
Possiamo affermare senza ombra di smentita che la pandemia è da considerare come lo spartiacque tra il vecchio, ed ormai obsoleto, modo di gestire gli immobili in condominio e quello che è richiesto oggi. La trasformazione dello studio classico di un amministratore di condominio, tuttavia, non è ancora definita in modo chiaro ma è tuttavia in continua evoluzione.
Sempre maggiori capacità professionali vengono richieste a questa nuova figura di amministratore di condominio che non può più solo limitarsi a eseguire a quanto strettamente previsto dal codice civile (anche se la nuova normativa del settore è entrata in vigore solo nel 2013) ma è da considerare parzialmente stantia.
La legge 220/2022 attribuisce all’amministratore di condominio funzioni che possiamo sintetizzare nella rappresentanza del condominio e nella gestione delle sole parti comuni. L’evoluzione del mercato immobiliare italiano e internazionale e di conseguenza della gestione di immobili in condominio oggi richiede ben altro.
Tutto ciò determina che il classico amministratore che conoscevamo, seppur evoluto di cui abbiamo parlato in precedenti articoli, carico di compiti che gli sono stati attribuiti in particolar modo dall’Agenzia delle Entrate, è ormai bello che morto e sepolto.
Se si vuole sopravvivere nella nuova realtà in cui oggi si opera, soprattutto con l’entrata massiccia e a gamba tesa nel mondo del condominio dei grandi player, di cui abbiamo ampiamento parlato nel nostro magazine e di cui tratteremo anche in futuro, si dovranno acquisire nuove competenze anche se nessuna norma di legge impone.
Ma come deve essere l’amministratore di condominio al giorno d’oggi e come dovrà essere quello del prossimo futuro? Innanzitutto, cominciamo col dire cosa non deve essere! Va fatta in fase preliminare una considerazione a nostro avviso importante.
La maggior parte del patrimonio immobiliare italiano, a differenza di quello di molti altri Paesi europei, è concentrato tra i piccoli proprietari che vivono prevalentemente in condominio.
La stragrande maggioranza dei cittadini italiani ha da sempre la propensione ad avere una casa di proprietà, caratteristica tipicamente italiana che non troviamo in molti altri Paesi dove è molto più comune vivere in case in affitto piuttosto che di proprietà. Si cerca di acquistare la casa in cui si va a vivere anche se non si dispone di somme di denaro proprie e si ricorre ai mutui bancari.
Proprio in ciò è insita la differenza fra le gestioni immobiliari in condominio in Italia rispetto a quelle degli altri Paesi. I modelli di gestione che sono adottati altrove, seppur validissimi in quelle realtà, non potranno avere la stessa efficacia in Italia. Ma sono realtà con cui si dovrà competere e ci si dovrà confrontare sempre più. Non si potrà mettere la testa sotto la sabbia e ignorare il problema, che purtroppo esiste e che non scomparirà da solo.
Bisogna operare tenendo conto della nuova realtà del settore, che investe in questo primo momento gli amministratori ma che presto riguarderà tutto il settore.
I grandi player nazionali e internazionali che, sono composti da società di immobiliaristi, di assicurazioni, energetiche, gruppi bancari, fondi di investimento, etc. hanno costituito da molti mesi delle apposite società dotandole di ingenti capitali.
Con questi capitali, che possiamo definire spropositati rispetto al normale bilancio delle classiche gestioni immobiliari in Italia, stanno invadendo il settore e ne stanno acquisendo sempre maggiori fette, con metodi e mezzi a dir poco spregiudicati di cui i piccoli proprietari (i condomini) poco o nulla sanno.
Precisiamo che i metodi utilizzati e i mezzi sono leciti per l’ordinamento italiano ma che di fatto non consentono al condomino di scegliere direttamente l’amministratore da cui essere amministrato come si è sempre fatto fino ad oggi.
L’individualismo sino a oggi dominante nella categoria, che si ripercuote anche nella miriade di associazioni di categoria, favorisce quest’attività adottata dai grandi player e porterà nel giro di pochi anni all’estinzione della figura dell’amministratore di condominio che conosciamo a favore delle nuove realtà che si stanno presentando nel mercato.
Per limitare i danni e sopravvivere è obbligatorio cambiare il modo di pensare e di lavorare aprendosi a nuovi orizzonti, impensabili prima. Per fare ciò l’amministratore non può più operare da solo come avveniva negli anni addietro ma deve trovare soluzioni diverse e rinunciare al vecchio individualismo sino ad oggi in vigore.
Al riguardo è calzante il vecchio motto dei conquistatori romani “divide et impera” che sta favorendo tutto ciò. Anche chi conosce poco il comparto delle gestioni immobiliari capirebbe che bisogna fare esattamente l’opposto!
Bisogna unirsi, fare squadra, per contrastare la marea che presto travolgerà il settore. Bisogna organizzarsi per tempo e creare un argine sorretto da solide basi. L’attuale amministratore individualista ne sarà capace? Solo con il tempo lo scopriremo.
Ricordiamo, per completezza di informazione di base, che i nuovi competitor non operano ad armi pari e sono dotati di ingenti capitali.
Le multinazionali, proprietarie dei veri competitor del settore che sono cosa diversa dal collega che presenta l’offerta al ribasso per acquisire un condominio, non hanno alcuna necessità di fare utili nell’immediato, possono tranquillamente andare in perdita anche per diversi anni senza alcuna ripercussione sui loro bilanci.
I grandi player hanno delle politiche industriali a medio e lungo termine, predisposte accuratamente dai manager delle multinazionali che le controllano, che loro possono tranquillamente sostenere anche senza avere utili.
Gli amministratori di condominio classici, individualisti per antonomasia, a differenza debbono avere un utile non ogni anno ma ogni mese per consentire alla loro famiglia di avere tutto ciò di cui necessita.
Facendo uno studio approfondito, da parte dei nostri esperti del settore, sulle nuove esigenze del mercato immobiliare in cui si opera e tenendo nella dovuta considerazione i nuovi competitor che si dovranno affrontare, abbiamo individuato almeno due soluzioni che potrebbero funzionare e che potrebbero contrastare e rendere meno invasiva la marea distruttrice da cui il settore delle gestioni immobiliari sarà colpito entro breve tempo.
La prima strada è fare squadra. Una sorta di associazionismo con altri amministratori di condominio per ottimizzare i costi di gestione e fornire nel contempo i servizi di qualità richiesti dai condomini.
Associazionismo tra professionisti che è cosa diversa dal far parte di una associazione professionale alla quale quasi tutti gli amministratori appartengono (da molti condomini anche assimilata ad un albo, cosa che non è) e che serve solo per ottenere l’abilitazione all’attività e i crediti formativi annuali per poter poi mantenere il titolo di amministratore ma molto poco utile per la formazione professionale.
Una volta associati “in squadra” si possono ridurre i costi di gestione realizzando strutture comuni, avendo personale condiviso. Si potrà investire in software innovativi, avere un maggiore potere contrattuale con i fornitori per spuntare prezzi migliori per i clienti, fornire servizi di qualità, attivare la reperibilità H24 tutti i giorni dell’anno. Centralizzare la gestione degli interventi, collegata ad un numero verde comune, fornire ai condomini/clienti strumenti che gli consentano di seguire direttamente le varie fasi di lavorazione degli interventi segnalati, ecc.
Quando parliamo di associazioni fra professionisti non ci riferiamo a due o tre professionisti che si mettono insieme, come già in alcuni casi anche oggi avviene, ma di 15/30 grandi studi di amministrazioni condominiali che condividono tutto.
Per poter fronteggiare il nuovo mercato in cui lavoriamo e avere voce in capitolo di fronte a grandi soggetti interessati a fare man bassa di edifici da gestire bisogna gestire almeno dai 2.000 ai 5.000 stabili in condominio. Solo così si potrà avere voce in merito.
I player apparsi in questi pochi anni sul mercato sono arrivati a gestire dai 1.500 ai 5.000 condomini ciascuno, grazie alla politica di acquisizioni degli storici studi professionali.
Una seconda strada, alternativa all’idea di associare più studi professionali, è quella di aderire a una società di franchising di gestioni immobiliari, altro fenomeno in continua evoluzione del settore e di cui parleremo in altri articoli.
Aderendo ad una società di franchising i singoli studi professionali avrebbero gli enormi benefici che offre la casa madre in termini di costi di gestione, di formazione continua, di marketing centralizzato, di assistenza legale, di costante supporto in materia fiscale e gestionale, pur rimanendo in parte individualisti.
In entrambe le soluzioni ognuno risponderebbe direttamente al condominio che lo ha nominato in prima persona e si tratterebbe di proseguire sulla strada della sola gestione dell’immobile, come è avvenuto sino a oggi. Non cioè di perseguire interessi economici legati ad esempio alla vendita di servizi agli inquilini che costituiscono il vero business delle grandi società di gestione immobiliare.
Il condomino proprietario dell’immobile deve rimanere libero nello scegliere chi amministrerà il suo edificio. Sarà il dottor Mario Rossi che avrà presentato l’offerta per gestire quel condominio (sia come studio associato di professionisti, sia come responsabile della filiale della società di franchising che è riconducibile all’effettiva persona che gestirà il condominio). Per rispetto nei confronti di chi amministriamo non possiamo prendere l’incarico di gestire un palazzo e poi affidare il lavoro a una società multinazionale di cui i condomini non sanno nulla spesso e volentieri e vederne poi affidata la gestione concreta a un “manager dedicato”.
Manager che non sempre avrà le competenze dal condominio richieste, che non risponderà mai ai condomini che hanno nominato l’amministratore ma inevitabilmente al suo datore di lavoro e che potrà in ogni momento essere sostituito con altri manager a piacimento. Al netto delle operazioni di mercato che la legge come abbiamo detto oggi consente, la trasparenza verso chi ci affida un incarico è un dovere inalienabile, uno spartiacque tra il professionista affidabile e il venditore porta a porta.
L’Italia ha un patrimonio storico e culturale legato all’edilizia che non ha pari al mondo e una tradizione straordinaria di gestione di questi immobili che, va ricordato, costituiscono il frutto di una o più vite di risparmi. È giusto che il mercato si evolva ed è sacrosanto offrire più servizi ma la qualità del servizio offerto da un professionista che si interfaccia ogni giorno con i propri clienti non è paragonabile all’offerta a prezzi stracciati delle grandi società che vogliono invadere il mercato.
Le nostre riflessioni, sopra indicate, dovrebbero essere prese in seria considerazione non solo dai condomini ma anche e soprattutto dagli operatori del settore, non solo amministratori.
di Battista Praino Amministratore
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